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Programma incontri ed iniziative 2017-18 della Comunità di San Rocco

• Tutti i Sabati alle 18.30 Messa a San Rocco

• 24 Dicembre Messa ore 18.30 a San Rocco

• 31 Dicembre Messa ore 18.30 a San Rocco

• 10 Marzo Festa di San Rocco

• 28 Aprile festa di San Oscar Romero

• 29 – 30 – 31 Marzo ore 18.30 Funzioni della Settimana Santa

• In Avvento e Quaresima Commento al Salmo di Osvaldo Pisu

• Tutti i Mercoledì ore 17.00 Gruppo di preghiera e riflessione su i Testi liturgici

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Martedì 31 Ottobre Giornata ospiti di Bernardino a Segariu (da confermare)

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Incontri di approfondimento:

• 5 Novembre ore 17-19 : “Perché il Concilio” – Cicci Piras

• 11 Novembre dopo la Messa : “Il viaggio in Terrasanta” *

• 3 Dicembre ore 17-19 : “Perché la riforma liturgica” – Cicci Piras

• 7 Gennaio ore 17 – 19 : “La libertà dei figli di Dio” – Angelo Corda

• 4 Febbraio 17 – 19 : “I Profeti di ieri e di oggi” Osvaldo Pisu

• 4 Marzo 17-19 : “Il Cantico dei cantici” Carlamaria Cannas

• 6 Maggio 17-19 : “Il Cantico dei cantici” Carlamaria Cannas

• 3 Giugno ore 17-19 : “La sofferenza e Dio” Margherita Zaccagnini

• 30 Giugno dopo la Messa : “Don Tonino Bello a 25 anni dalla morte” Don Carlo Rotondo

* sabato 11 novembre, subito dopo la messa verrà presentata alla Comunità l’esperienza del pellegrinaggio in Terra Santa

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·         Si conferma il sostegno alle iniziative di Fabrizio Cinus e Giovanni Cara

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·         Le offerte del 9 e 16 Dicembre saranno finalizzate alle esigenze della Comunità

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STORIA DELLA CHIESA DI S.ROCCO

 

Le chiese cagliaritane:

San Rocco

MINUSCOLA E NASCOSTA ALLA VISTA

Dall' Almanacco di Cagliari 1996 - di Antioco Piseddu

 

Non conosciamo l'epoca della fondazione; tuttavia, lo stile ispirato all'ultimo

gotico-catalano ci riporta presumibilmente al XVII secolo. Nella sua tormentata vicenda

si alternano momenti di splendore a fasi in cui I'edificio versa in totale abbandono.

Attualmente, ospita una comunità che, oltre alle funzioni religiose, cura iniziative sociali e culturali pur essendo a due passi dal mercato di San Benedetto, è quasi totalmente sconosciuta. Ci riferiamo alla chiesa di San Rocco della quale pochi cagliaritani conoscono I'esistenza, mentre pochissimi I'hanno visitata. Se ne sarebbe perso addirittura il ricordo

se non avesse dato il nome alla piazza antistante, importante snodo viario nella zona periferica nord della città. La chiesa è ignorata anche perché non la si vede: né dalla piazza, né da via Bacaredda, né dal mercato di San Benedetto. Ma le persone che hanno conosciuto la Cagliari dell'anteguerra, non I'hanno dimenticata ed i loro ricordi si velano di nostalgia. La vedono ancora, nelle sue linde e semplici linee, quasi isolata tra gli orti, le siepi di ficodindia e le vigne, in quel sito dove le case si diradavano per lasciare posto ad eleganti villette immerse nel verde degli alberi, dove si poteva andare nei pomeriggi domenica li per la passeggiata con la famiglia, magari prendendo il vecchio tram del Campidano che sferragliava sui binari. Vi si andava soprattutto nei giorni della festa, I'ultima domenica di agosto, per pregare, prendere una boccata d'aria; incontrare amici. Un tocco di antico tra le ville moderne, per lo più in stile liberty, costruite da facoltosi cagliaritani nei primi decenni del secolo, tra le quali si ricorda ancora l'eleganza del "Villino Frau" che sorgeva alla confluenza tra il viottolo di Sant'Alenixedda e la doviziosa alberatura della Scuola Enologica, diventata poi Istituto Agrario, davanti al mobilificio Cao.

La città sembrava protendersi verso di essa quasi desiderosa d i raggiungerla.

Il tram del Campidano solcava la zona già dal 1893 e l'attuale via Ozieri si era spinta nei dintorni con le sue modeste e basse casette.

Nel giorno in cui si celebrava la festa del santo, i campi di Is Istelladas e di Carreras si riempivano; cittadini ma anche molta gente che arrivava dai paesi del Campidano.

Vi sorgevano le baracche dove si vendevano i tipici prodotti dell'artigianato locale e abbondavano le mescite di vino, mentre sulla brace si arrostivano muggini, salsicce e porchetti. Le cerimonie religiose segnavano il culmine della giornata.

La sera si svolgeva una processione solenne che si snodava tra le vie di Villanova illuminate a festa e ornate di frasche e bandierine, con l'accompagnamento della banda musicale.

La chiesa aveva già allora una lunga storia della quale però ci sfuggono tanti particolari. Non conosciamo neppure la data di fondazione sulla quale possiamo fare solo congetture: viene ipotizzato il XVII secolo.

Nelle sue linee semplicissime, infatti, I'edificio rivela un gusto riferibile al gotico aragonese nelle sue più tardive espressioni in Sardegna; esso, inoltre, è dedicato ad un santo che, proprio in quel periodo, fu particolarmente invocato nell'isola contro la peste.

Le notizie biografiche, per quanto poco sicure, vogliono Rocco nativo di Montpellier, in Francia, nel XIV secolo. Di nobile e ricca famiglia, da giovane rinunciò ad ogni avere per imitare la povertà di Gesù. Desiderando visitare le tombe degli apostoli, andò pellegrino a Roma. vivendo di elemosine. Visitò molte città italiane dove lo precedeva la fama di uomo pio e taumaturgo.

 

Scoppiata una violenta pestilenza, si dedicò alla cura dei malati e ne guarì tanti con le sue preghiere.

Ma egli stesso contrasse il terribile morbo e, allontanato da tutti, visse in solitudine, come un eremita, assistito solo da un cane che, prendendolo dalla tavola del suo padrone, ogni giorno gli portava un pane.

La fama dei suoi miracoli continuò anche dopo la morte, tanto che la sua tomba, posta in una chiesa di Voghera, era meta di numerosi pellegrini. I veneziani, colpiti dalla peste nel 1485, ne rubarono le reliquie ed edificarono una grandiosa chiesa per custodirle.

Si può pensare che anche i cagliaritani, sull'esempio dei veneziani, si siano rivolti al santo durante la peste che colpì la città negli anni 1652-'56, ed al fine di ottenerne la protezione gli abbiano edificato la chiesa.

Una chiesa umile e disadorna, forse come i fedeli che la vollero. D'altro canto non erano sicuramente ricchi e potenti i membri del gremio dei lattai che la scelsero, e ce ne sfuggono totalmente i motivi, come loro sede.

Il sodalizio che assicurava alla città il rifornimento quotidiano del latte, invocava San Rocco come patrono, curava la manutenzione della chiesa e ne organizzava la festa.

Si deve certo alla sensibilità di qualche maiorale l'acquisto della bella statua che troneggia ancora nell'altare e ci presenta il santo come un giovane con la zimarra del pellegrino, le conchiglie attaccate alla mantellina, in mano il bordone cui è appesa la zucca per l'acqua, e ai piedi il cane. Da uno spacco della veste si vede la gamba piagata dalla peste.

Lo stile dell'opera permette di datarla alla fine del secolo XVIII o ai primi del XIX e di attribuirla al celebre scultore di Senorbì Giuseppe Antonio Lonis o a qualcuno dei suoi più bravi discepoli.

L'altare che la contiene è invece datato con precisione: ("Anno 1814") e può essere uscito dalla bottega del notissimo marmoraro  Giovanni Battista Franco.

Allo stesso Lonis, o alla sua scuola può essere attribuita anche un'altra statua di San Luigi Gonzaga posta in una nicchia del presbiterio. Misteriose sono invece due palle di cannone fissate nell'intradosso dell'arco mediano e che, in analogia con quelle conservate nel palazzo Boyl e nella chiesa di Sant'Efisio, potrebbero risalire al bombardamento subito dalla città nel 1793, da parte della flotta francese, oppure a quello spagnolo del 1717.

Di questi secoli, la chiesina conserva pochi altri ricordi. Un grazioso pulpito in legno che potrebbe risalire al XVII secolo ed una lapide sepolcrale in marmo, murata sulla parete laterale destra, che ricorda le benemerenze  di Rosa Melis Chiappe, vissuta nubile, dedita alle opere di carità e morta a 35 anni, nel 1817. Fu posta da Cristina Ballero, nipote della defunta. Non resta invece traccia di un'altra tomba di cui parla il canonico Giovanni Spano nella sua "Guida di Cagliari": quella di donna Francesca Marignano, esempio di pietà e munificenza. Era notissima a Cagliari come "Donna Ciccia", e morì in odore di santità ai primi dell'Ottocento. Il gremio dei lattai si prese cura della chiesa sino al 1864. Poi l'abbandonò; forse in seguito a difficoltà interne. La chiesa decadde. Solo più tardi - ma siamo oramai in questo secolo - la troviamo nuovamente attiva, sotto la responsabilità della parrocchia collegiata di San Giacomo e seguita da un apposito comitato, che ogni anno organizzava la festa.

La chiesa dovette attraversare, alternati a periodi floridi, anche periodi di abbandono e decadenza. Sappiamo che la festa fu sospesa dal 1919, a causa delle cattive condizioni statiche dell’ edificio che non si riusciva a riparare. La stessa statua del santo era tanto tarlata che, quell’anno, in seguito ai movimenti dei portatori, si spezzò in vari pezzi. Ma la città sentiva la mancanza di San Rocco e non tollerava il suo abbandono. Qualcosa cominciò a muoversi nel 1935 per interessamento della famiglia Deplano, la cui casa confinava con la chiesa. Il cortile antistante, dove s’innalzava un olivo secolare, fu ripulito dalle immondizie ed ampliato con un tratto di terreno che lo congiunse alla piazza. Divenne un giardino ricco di piante e protetto da un muro che esiste ancora e nel quale venne aperto un grazioso cancelletto con arco a tutto sesto e cuspide ornata da archetti pensili. Eseguiti i necessari restauri, la chiesa poté essere nuovamente aperta al culto nel 1939, anno in cui venne ripristinata la festa. La statua, riparata dal restauratore Luigi Sestu, fu nuovamente portata in processione nelle vie di Villanova. Dietro il simulacro una grande folla di fedeli.

Pareva che la tradizione si fosse riannodata. Ma non fu così in quanto la seconda guerra mondiale era alle porte.

I bombardamenti del 1943 con il contorno di lutti e distruzioni, risparmiarono la chiesetta di San Rocco che subì solo lievissimi danni; tuttavia, durante gli anni dello sfollamento, subì un grave degrado. A rimetterla in sesto pensò il Genio Civile che, sollecitato da autorità e cittadini, la incluse nei programmi della ricostruzione. Ultimati i lavori, nel Maggio del 1945, la chiesa fu riaperta al culto con una solenne cerimonia presieduta da mons. Adolfo Ciuchini, vescovo di Alghero. Cagliari riebbe la sua chiesetta. Come succursale della parrocchia di San Giacomo, vi si svolgevano le cerimonie religiose per i fedeli della zona.

Ma le emergenze della popolazione, uscita duramente dal conflitto, fecero sì che essa svolgesse un nuovo ed importante servizio sociale per sopperire alle carenze delle strutture pubbliche non ancora riorganizzate. Sorse così, per iniziativa  della parrocchia di San Giacomo, allora guidata canonico Ignazio Piras, su presidenti, come affettuosamente veniva chiamato dalla gente del rione, I'Opera di San  Rocco, un centro di accoglienza riservato ai bambini poveri. Per la chiesa si apriva un nuovo importante capitolo della sua storia. Un gruppo di volontari' sostenuto dal Commando alleato e dall'Unrra, assicurò ai piccoli ospiti pasti caldi, assistenza sanitaria, vestiti e tanto calore umano. In piccolo, quanto faceva l'Opera del Buon Pastore nei locali della vicina chiesa di San Benedetto, animata da Mons. Virgilio Angioni.

Passatala prima emergenza l 'Opera di San Rocco si organizzò come un vero e proprio asilo infantile, sotto la guida della signorina Marina Atzeni. In qualche periodo, vi confluirono anche 150 bambini. Le attività didattiche si svolgevano in una casa di proprietà privata, adiacente al muro di cinta. Ma, quando il padrone ne ebbe bisogno, I'asilo rischiò di chiudere. Per quei fanciulli non c'erano altre alternative alla strada. Pertanto, i responsabili presero la decisione di costruire gli ambienti necessari proprio nel cortile antistante la chiesa che, in tal modo, venne nascosta alla vista. Venne realizzato in tutta fretta un edificio che consentì di proseguire I'attività. Data la ristrettezza dello spazio a disposizione, si rese necessario sacrificare I'ulivo secolare e rimase impedito I'accesso dalla piazza. Col tempo, la chiesa diventò un ripostiglio per le suppellettili dell'asilo.

L'Opera di San Rocco continuò sino ai primi anni Sessanta quando I'emergenza del primo dopoguerra è oramai un ricordo. Il locale dove aveva sede fu abbandonato e la stessa sorte toccò alla chiesa che andò progressivamente in rovina, tanto da diventare pericolante a causa delle lesioni verificatesi nella copertura.

Restò in questo stato sino al 1977, allorché, per iniziativa di alcuni sacerdoti e laici, coordinati da don Efisio Spettu, fu fondata la "Comunità di San Rocco". Per la chiesa, cominciò I'ultimo capitolo della sua tormentata vicenda.

La Comunità, che perseguiva intenti di promozione culturale, sociale e religiosa, al servizio degli emarginati, ottenne dall'arcivescovo Giuseppe Bonfiglioli I'uso della chiesa e dei locali annessi.

 

Riparato il tetto pericolante, rifatti infissi ed intonaci, liberata I'aula dai materiali che Ia ingombravano. L'entusiasmo della Comunità fu contagiosa e coinvolse tanti altri.

Nella chiesa si celebrarono nuovamente le funzioni religiose e I'aula venne usata anche come spazio culturale per incontri, riunioni e dibattiti. Accedervi non era facile: bisognava attraversare uno stretto e scomodo passaggio che si apriva in via San Mauro.

Presto fu avviata una scuola popolare che preparava al diploma di scuola media giovani e meno giovani i quali non avevano avuto la possibilità di studiare.

La frequentavano soprattutto operai e casalinghe. In seguito, sarà intitolata a mons. Oscar Romero, I'arcivescovo di San Salvador trucidato il 24 marzo 1980 e divenuto simbolo della lotta combattuta dalla Chiesa sudamericana per la liberazione degli oppressi.

Prestavano gratuitamente la loro opera professori di vari discipline e professionisti.

L'aumento delle iscrizioni impose il reperimento di altri locali;  pertanto, la Comunità acquistò una casa adiacente alla chiesa, dove furono ricavati una cappella, spazi di aggregazioni ed anche un appartamento. La scuola è ancora attiva ed organizza corsi di recupero in varie materie: italiano, latino, filosofia, matematica, ecc.. Non sono rari i casi di allievi che dopo la licenza media, decidono di continuare gli studi per conseguire il diploma magistrale.

Alcuni si sono iscritti all'Università. Ogni anno la Comunità vara un intenso programma di attività culturali, aperto non solo ai suoi membri (una sessantina) ma anche a tutti coloro i quali manifestano interesse. I temi spaziano su un vasto orizzonte: così, accanto a un impegnato corso biblico e di teologia cattolica, si accoglie il Lama tibetano che intrattiene I'uditorio sulla meditazione trascendentale e le tecniche yoga, il mufti musulmano che  parla dell'Islam e testimoni del travaglio religioso e sociale del nostro tempo, come Fratel Arturo Paoli e Giovanni Franzoni. Tra gli esperti locali, sono di casa professori universitari, uomini di cultura, artisti e letterati. Attualmente, si sta predisponendo un corso d'italiano per extracomunitari.

Nel 1991, nella chiesa si è sviluppato un incendio con la distruzione di varie suppellettili. Ma due anni dopo la Soprintendenza ai Beni Culturali ha provveduto al restauro, su Progetto dell'architetto Luciano Deplano e la supervisione artistica della dott.ssa Lucia Siddi.

Così la chiesa è stata riportata al suo antico decoro. La facciatina cuspidata ha ripreso il suo intonaco giallo ocra nel quale spiccano la cornice in calcare chiaro del portale ad architrave piatto, un oculo centrale circolare e, immediatamente sopra il portale, uno stemma gentilizio il cui spazio centrale si presenta, però, totalmente liscio. Ai guai del tempo sono sopravissuti soltanto gli svolazzi barocchi che circondavano lo stemma.

Sulla sinistra svetta un elegante campaniletto a vela, ad unica luce, con una piccola campana. Realizzato in mattoni rossi, potrebbe essere posteriore alla costruzione della chiesa. L'interno è un'aula a pianta pressoché quadrata, con volta a botte retta da un unico arco mediano in calcare a vista, impostato su bassi pilastri. Una cornice in leggero aggetto corre lungo le pareti laterali. Sulla parete frontale, si trova I'altare con la statua del santo patrono.

Nel paliotto spicca uno stemma con al centro un serpente avvinghiato ad un palo. Ricorda il noto episodio biblico del serpente di bronzo, innalzato da Mosè nel deserto, guardando il quale gli ebrei colpiti dalla peste venivano guariti.

La storia della chiesa di San Rocco finisce qui. Ma un nuovo capitolo dovrà essere scritto e vorremmo lo fosse al più presto per liberare la chiesa dalle costruzioni cadenti che le sono state

addossate e renderla nuovamente fruibile ai cagliaritani i quali, come i loro padri, potranno amarla, e trovarvi un rifugio spirituale.

 

Antioco Piseddu

 

Storia della ComunitàEfisio Spettu
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