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"Alzati, mettiti in cammino" 30 anni di comunità

Festa di San Rocco 1° marzo 2008

30 anni di comunità

E’ per me un onore commemorare San Rocco, titolare di questa chiesa minore, nella ricorrenza dei trent’anni di questa comunità che porta il suo nome.

Dico subito che non potrò fare un discorso razionalmente ordinato, perché ho strappato quanto avevo da tempo diligentemente preparato. Infatti rileggendo la “Ballata del pellegrino” di padre Turoldo, due versi mi hanno convinto a togliere quanto era frutto di troppo lavoro mentale, intellettuale….. insomma, tutto da rifare.

Ecco i due versi:

  1. ricondurre la mente al centro del cuore!

  2. Scendere al centro del cuore!

Cuore inteso non come sentimento – sentimentalismo, ma come centro vitale – esistenziale che non esclude la ragione e però, come dice Pascal: il cuore ha ragioni che la Ragione non conosce.

E allora, sotto l’impulso del cuore, inizio con l’appello-invito di Isaia nell’antifona di ingresso di questa domenica “In Laetare”, IV di Quaresima: “Rallegrati Gerusalemme e quanti l’amate riunitevi”. Rallegrati Popolo dell’Alleanza, Popolo della Santa Convocazione!

Io sento che questo invito è anche per noi, qui, ora. E quasi istintivamente oso dire: “Rallegrati porzione del popolo di Dio radunata in San Rocco.” Diciamolo con umiltà e nello spirito penitenziale, diciamo: Gioisci per questo cammino trentennale piccola chiesa qui convocata dall’amore di Cristo.

Riunitevi. In latino si cantava “Laetare Jerusalem et conventum facite” che io traduco: fate comunità, costruite comunione.

Apriamo dunque percorsi di incontro fraterno, di dialogo alla luce della parola di Dio, di dibattito aperto, di confronto. Non precludiamoci un’Eucarestia allargata, ai problemi dell’esistere, a tutto campo.

Facciamo comunione: comunichiamoci le ansie, le sofferenze, le gioie, i disagi che certe posizioni all’interno della Chiesa ci procurano o che noi procuriamo, e le speranze. Il dircele, anche solo nella Liturgia, pur se qualche volta possono essere pesanti, ci costituisce fratelli nella fede.

Riunitevi! Non disperdiamo questo piccolo-grande tesoro di Grazia; questo piccolissimo, (posso dire?) unico nel suo genere, tesoro di Grazia.

Non sappiamo quando, ma del seme è stato gettato lungo questo percorso trentennale e molti semi, rompendo la terra, sono spuntati, hanno germogliato, sono diventate piante, espressioni di vita, esperienze di vita in ogni campo, testimonianze di fede.

Come non ringraziare il Signore!!!

E ancora Isaia ci ammonisce nel cantico che ben conosciamo: “Svegliati Gerusalemme, indossa le vesti più belle, scuotiti la polvere, alzati, spezza le catene…..”

Ricordo quando Pierpaolo musicò questo cantico profetico. Si voleva lanciare questo appello alla Comunità:

svegliati dal torpore e dall’apatia

scuotiti la polvere del conformismo e della routine

spezza le catene della rassegnazione e del basso profilo

alzati dalle infedeltà e dalle cadute

alzati, mettiti in cammino.

Quante volte l’abbiamo ripetuto “siamo in cammino”!!

Valeva ieri e vale ancora oggi.

Riconosci la dignità del tuo sacerdozio regale.

Celebriamo insieme l’Eucaristia e… le lotte e i sogni!

Concelebriamo. Sacerdozio ordinato – l’abbiamo detto altre volte – e sacerdozio dei fedeli si nutrono, si illuminano, si sostengono reciprocamente. Siamo convinti di questo ?!!

Non so se posso permettermi…… dobbiamo impegnarci tutti di più, anziani e giovani!!

E, però, non come un compito gravoso, ma con gioia, con la consapevolezza che qui si può…..

Mi potreste dire: incomincia tu! Giusto! Io qualcosa ho cercato di fare – certo poco – e però….. lo confesso, non posso andare oltre….. forse il ruolo che ho avuto…. Ho delle remore direi psicologiche….. Mi posso spiegare meglio con un episodio capitatomi non più di un mese fa.

Sono stato all’Oncologico, in sala mortuaria…. E’ morta una signora di Soleminis, amici di vecchia data. C’era parecchia gente: condoglianze, pianti…. chiacchiere… A un certo punto ho pensato: chiamo Efisio e così almeno si fa un po’ di raccoglimento, si prega. Poi mi son detto: perché disturbare il Cappellano; puoi farlo tu; può farlo chiunque….. e così ho invitato tutti ad avvicinarsi e ho iniziato le preghiere e tutti hanno seguito chi con sorpresa, chi con compiaciuta partecipazione. Alla fine la figlia, accompagnandomi fuori, mi ha detto commossa: La ringrazio molto, grazie… don Armando…….

Ed ora che mi sono confessato….. continuo a scendere al centro del cuore.

Ripensando ai 30 anni della comunità, ai suoi inizi, sono riaffiorati dal fondo dell’anima i principi ispiratori di quella bellissima Lettera pastorale del card. Pellegrino (1971-72) “Camminare insieme”: Povertà, Libertà, Fraternità, che in qualche modo avevano orientato alcune mie esperienze comunitarie, incompiute, fallite, poi timidamente riprese e infine riposte definitivamente (ormai maturavo altre scelte).

Ebbene, questi principi ispiratori, questi tre valori di fondo, li ho ritrovati – inattesi, insperati – nel 1978, all’origine dell’esperienza cristiana di questa comunità: Povertà, fraternità, libertà.

Alla luce della fede e della Parola di Dio!

La Parola di Dio: quanto debbo essere grato per aver riscoperto, riamato la Bibbia, ristudiata, meditata, poi forse troppo studiata a tavolino e infine pregata.

Posso fermarmi solo brevissimamente su questi tre principi ispiratori e certo non per il puro raccontare di cose d’altri tempi , ci possono servire, eccome!, anche oggi.

Povertà, come stile di vita, come scelta preferenziale dei poveri, allora si diceva anche della classe operaia: promozione umana e culturale, per una Chiesa non solo dei poveri, ma per una Chiesa povera.

Fraternità, come condivisione, come impostazione di vita comune, come accoglienza, senza pregiudizi e senza tessere.

Libertà, come pluralismo, come libero dibattito, libertà soprattutto come dovere, libertà dei figli di Dio, ubbidienti e liberi. Libertà come ricerca, dialogo accettato e cercato.

Chi ha vissuto quel periodo, soprattutto dal di dentro, sa il significato e il sapore di queste parole.

L’attuazione di questi valori, dice la Lettera Pastorale, esige una conversione personale e comunitaria per realizzare una Chiesa più autentica, fedele alla Parola di Dio e attenta alle esigenze degli uomini in mezzo ai quali vive.

Certo era una scommessa, una difficile scommessa, voleva dire mettere in gioco la propria vita, pagare un prezzo in termini personali, cambiare prospettive, deludere altre attese, superare diffidenze laicali e clerico-curiali.

Non posso concludere senza spiegare fino in fondo perché questo mio “cordiale coinvolgimento” nel ri-cordare: i 30 anni della Comunità di San Rocco coincidono con i miei 30 anni di matrimonio con Anna Maria (marzo 1978). Ormai lo sapete, da prete, ho chiesto e ottenuto la dispensa. Si dice ridotto alla stato laicale, qualcuno più polemicamente dice “promosso allo stato laicale”.

Io già da tempo preferisco un’altra espressione, mutuata dal teologo Hans von Balthasar (lui la usa in altro contesto) “ricondotto al comune rango di credente”. Ogni parola è teologicamente pregnante.

Credente, ma senza comunità, ai margini, “fuori dal campo” (una frase del vangelo che, ricordo, Raniero La Valle pone come titolo ad un suo bel libro).

Finché… ho incontrato questa comunità. Ed è stata la mia Chiesa, la mia comunità di fede.

Dell’amicizia e della solidarietà, grande, di cui io ho goduto, soprattutto in una situazione particolare della mia vita, ne ho perenne, viva memoria, ma in questo momento non mi sento di dire …. parole. ….

Un pensiero flash su San Rocco, che agli inizi abbiamo un po’ snobbato (forse diffidenza verso un certo culto dei santi) poi entrato sempre più familiarmente nella nostra devozione. Il camminare insieme, di cui alla Lettera pastorale, ben si lega a san Rocco, al suo camminare, peregrinare che ha, certamente, una meta precisa eppure ci sono deviazioni, sconfinamenti, soste non previste. (Non vi sembra il camminare di Gesù? Basterebbe ricordare il vangelo della domenica scorsa: l’incontro, in terra nemica, con la samaritana,l’impura). La meta è Roma, ma l’amore per il prossimo disegna, via via, percorsi diversi.

Quasi anonimo in vita, dimenticato nella morte, San Rocco diviene poi l’icona del santo umile pellegrino in quasi tutti i paesi d’Italia e non solo.

Per questo lo amiamo e lo invochiamo nella messa, come patrono, insieme agli altri santi protettori.

Nella messa, vorrei sottolinearlo, abbiamo un altro momento direi caratterizzante: è quando preghiamo per quanti sono assenti, per i più svariati motivi, ai quali siamo legati per fede e ideali comuni. E, infine, la memoria dei nostri defunti: è la comunione dei santi, la comunione della Chiesa peregrinante sulla terra con la Chiesa celeste.

Come sarebbe bello chiamarli per nome, uno per uno.

In questa circostanza voglio fare tre nomi. Sono, per me, tre figure emblematiche.

Maria: proprio trent’anni fa incominciava la sua via crucis, la prima stazione. Me lo ha ricordato ieri Sergio, il marito.

Nora: donna dolce e combattente; carità operante, mente aperta, sempre sotto traccia.

Ziu Antonino: il padre di Elena, lo vedo ancora appoggiato alla parete, quasi a sorreggere questa chiesa. Silenzioso, orante. Per me era la presenza paterna, mi sembrava che rappresentasse le nostre radici religiose, i genitori che ci hanno educato umilmente alla fede.

Tutto quello che ho detto è per me preghiera e spero lo sia per ciascuno di voi.

E allora, guardando l’immagine di San Rocco,

seguiamo l’invito del nostro p. Turoldo nella Ballata citata all’inizio :

“Andiamo col passo del pellegrino…

E come usavano gli antichi oranti

dal” Tetto del mondo”, ognuno

appenda al proprio bastone

il velo della sua sospirata preghiera…

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