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TORNO' A CASA FELICE

  1. ERMES RONCHI

  2. FILO ROSSO la Parola nel tempo della distanzaTORNO’ A CASA FELICE Sabato 21 marzo 2020 con @Marina MarcoliniLc 18,9-14 All’ingresso di chiese, cappelle, moschee, sinagoghe andrebbe messa una scritta: Attenzione: pericolo! perchè si può pregare, e uscire di chiesa con un peccato in più. Come il fariseo. Che comincia bene: Signore ti ringrazio. Ma poi sbaglia tutto: ti ringrazio per quello che io faccio, non che tu fai: io prego, digiuno, pago, io sono bravo. Io...mentre la parola più importante dell’universo è “Tu”. Il suo Dio è inutile, non fa niente, è solo un notaio che registra. Secondo sbaglio: Io non sono come gli altri, tutti ladri, corrotti, adulteri, e neppure come quel pubblicano là in fondo. Non si può pregare e disprezzare; benedire il Padre e “dire male” dei suoi figli, cantare a Dio e scagliare pietre contro gli altri. Il pubblicano, curvo in fondo al tempio, si batteva il petto: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Ecco la parola che rende vera la sua preghiera: «tu, tu abbi pietà». Si batte le mani sul cuore e ne esce un gemito: “Sono un poco di buono, ma così non sto bene, non sono contento di me. Vorrei essere diverso. Ci provo e non ce la faccio, ma tu perdona e aiuta. E cambierò almeno un pochino”. La preghiera ha una grammatica di regole semplici. E sono le regole della vita. La prima: se metti al centro il tuo io, nessuna relazione funziona. Nella coppia, con i figli, con gli amici, con Dio. La seconda regola: io sono un seme che vuole fiorire. Il fariseo invece è un arrivato. Non ha più bisogno di ricerca nè di crescita. Si è giocato il futuro. E il senso della vita. Il pubblicano tornò a casa perdonato, non perché più onesto o più umile, ma perchè pregare è dare del tu a Dio e lasciarsi trasformare.

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